Molte cose a sproposito si son dette su Settanta acrilico, trenta lana di Viola Di Grado (Edizioni e/o), giovanissima scrittrice che hanno paragonato a Amelie Nothomb e che rischia purtroppo di assomigliare a Isabella Santacroce. Il suo libro racconta una storia molto dark ambientata a Leeds, una città "dove l'inverno è cominciato da così tanto tempo che nessuno è abbastanza vecchio da aver visto cosa c'era prima".
La Di Grado probabilmente non è priva di talento (la sua scrittura, che a molti è sembrata audace, a tratti non è priva di spunti interessanti), ma fa pensare a certi talenti calcistici bruciati da giovani - spacciati troppo presto per fuoriclasse. Così non si vorrebbe nemmeno fare l’errore contrario e sottoporre il testo a un’analisi impietosa che ne evidenziasse le soluzioni sconcertanti, i salti nel vuoto: “Il cielo è soltanto un remake a basso budget dei suoi occhi.” Oppure, “Quanto al sole, poveraccio, era soltanto un puntino” etc – sole poveraccio? Sui vestiti che non le stanno bene: “Le scollature mi prendevano in giro”. Giovanissima, la Di Grado, e paleofreak.