27 apr 2011

Casanova e Venezia

Casanova non è Don Giovanni. Casanova s’innamora. Crede di innamorarsi. Lo fa credere alle sue amanti, che son molte meno del più freddo Don Giovanni. In quest’ultimo la seduzione non disdegna toni cupi, sadici e funerei. Laddove “luminose e clownesche” sono le avventure erotiche de L’uomo che inventò se stesso, come lo definisce l’autore del libro che nel titolo enuncia programmaticamente il punto di vista da cui inquadrare l’esperienza del grande veneziano.
Casanova è un maestro del travestimento, utilizza la maschera di cui ha più bisogno momento per momento. Gioca, e rischia; a suo modo, però, un sentimentale. Un avventuriero sensibile, non sempre facile da comprendere, ma capace di ingannare come pochi, 
Un massone, anche. Non ultimo, uno scrittore. Lo sappiamo. Che ci aveva già raccontato nelle bellissime Memorie questa sua vita mirabolante, oscillante fra poli opposti, dramma e commedia, miseria e nobiltà si potrebbe dire, come si addice a ogni mascalzone di genio. Ora il giornalista Emilio Ravel mette a verifica l’autobiografia con documenti alla mano e ci consegna questo libro da leggere come un romanzo – l’espressione è abusata ma in questo caso non surrettizia.  
Il seduttore che fatica più del lecito, che mente spudoratamente, è anche capace di sfoggiare una rara erudizione. Per comprenderlo più a fondo bisogna tornare a Venezia. Venezia (“sexe femelle d’Europe” secondo il poeta Apollinaire, non estraneo a mio avviso a certi tratti casanoviani nel suo approccio al mondo) è la chiave d’accesso secondo  Ravel, per cercare una matrice nella vicenda biografica di uno degli uomini-mito della storia moderna (non è che ve ne siano poi tanti). 
Ravel
Città voluttuosa, dunque, adattissima al gioco truffaldino di un uomo pronto non solo a cercare in una gondola un cantuccio buono dove giocare con le ragazze, ma anche pronto a promettere matrimoni pur di raggiungere l’immaginabilissimo scopo del momento. Città ricca che però lui conosce dalla specola non invidiabile di una nascita non fortunata: il padre era un ballerino povero in canna che doveva assistere in silenzio al godimento dei patrizi che mostravano di apprezzare le grazie di sua moglie. Girovago per indole e necessità, Casanova sentirà sempre il bisogno di riscattare questa origine. E non gli par vero di misurarsi con l’intellettuale per eccellenza, monsieur Voltaire, che prova a snobbarlo, ma dovrò confessare che il nostro è un osso duro. Che se non altro può dargli lezioni di letteratura italiana. Se è vero che la vita è teatro, Casanova, nonostante le insicurezze di fondo dovute a questa nascita, è un primattore.
Un altro bel libro dunque per La Lepre Edizioni, piccolo marchio romano. E la domanda sorge, come usa dire, spontanea: perché spesso la piccola editoria non solo fa libri migliori delle majors dal punto di vista dei contenuti, ma la stessa confezione nel suo complesso, carta, cura grafica e editoriale, aggiunge all’opera l’infantile, forse feticistico  ma innocuo piacere di tenere il libro fra le mani? Riuscite a immaginare la stessa cosa con uno Stile Libero?
Michele Lupo

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