“Uno non pensa mai che un giorno, quando meno se lo
aspetta, gli può capitare di dover fare i conti con la propria vita, perché
nessuno crede che uno spiritoso qualsiasi può metterlo a nudo davanti a una
platea di studenti che si danno di gomito e se la ridono a squarciagola, come
una volta è capitato a me, a lezione”.
In questo incipit c’è la storia e il compendio di questo
piccolo divertissment, condotto con mano salda da Adrian Bravi, scrittore argentino di
stanza a Macerata che ha ormai all’attivo diversi romanzi nella nostra lingua.
Il narratore soffre di un’alopecia androgenetica, e come
gli uomini migliori della sua famiglia rifiuta i mezzucci che i calvi e i
semicalvi inventano per sopperire a un handicap spesso mal tollerato. Niente
parrucchini o rasature complete, dunque. I Gherarducci cercano soluzioni
controcorrente, eccentriche, demodè, e il narratore li batte tutti: vuole un
riporto in avanti, lui, alla Giulio Cesare. Ma una frangetta così precaria non
dà garanzie, qualsiasi sia l’accorgimento con cui viene allestita: il colpo
d’aria ci sta tutto. Lo spiffero. L’incidente fortuito.
Quello che sconvolge Arduino è invece altro: il gesto
arrogante, inconcepibile, beffardo di un
suo studente, che davanti al gruppo di universitari che seguono le sue
lezioni di “scambio dei dati bibliografici”, glielo scompiglia, il riporto, e
manda a puttane una vita intera. Il suo è un corso universitario serio, non
fosse che per questo non si sarebbe mai aspettato un gesto del genere (mica
viene da un ragazzo iscritto a “Scienze della Comunicazione”, dice).
L’acconciatura che pareva allo studioso di una sopraffina “finezza” diventa la
causa di una crisi profonda che lo fa fuggire dall’università e dal resto,
moglie compresa.
L’imbarazzo e poi la vera e propria umiliante vergogna che
seguono al gesto efferato sono però materia di un racconto ironico, comico, per
situazioni ma anche per le tonalità in uso, sottolineate come sono dallo
sconcerto reiterato, dal rimuginìo che accompagna la fuga – attraverso le
montagne delle Marche, piuttosto che nella Lapponia in un primo tempo
vagheggiata. Ma Arduino, benché finisca per rifugiarsi in una grotta, in mezzo
al bosco, e in quella solitudine sia costretto ad affrontare altri tormenti,
non ci pensa minimamente ad abbandonare il suo riporto. Avrebbe altro cui
pensare, insomma, se è vero che si trova a rivivere paure ancestrali, profonde,
infantili; se è vero che teme addirittura l’arrivo dei cannibali di cui si favoleggia
in giro. Eppure, il pensiero gli va a finire sempre lì, al riporto. Che, va da
sé, è la chiave di volta di una vita – così, cogitabondo, è costretto a fare i
conti con una verità amarissima: quella con la moglie era tutto tranne che una
grande intesa - mai compreso la portata del suo dramma, lei, visto che il
giorno delle nozze non fece una piega quando uno sboffo d’aria gli smosse la
sua “finezza”.
Lasciarla, una donna così, è il minimo, ma nella grotta
succede qualcosa di inaspettato – che non riveliamo, per chi avesse voglia di
avventurarsi in questa lettura sfiziosa, dall’umorismo insolito, quello di un
personaggio che non nasconde la sua “antipatia per il genere umano. Antipatia
che non solo ho coltivato con la lettura di certi libri di storia e di certe
teorie filosofiche e teosofiche, ma anche dormendo nella stessa stanza con mio
fratello”.