4 lug 2011

Gli appartati


Andrea Garbarino


copertina del libro
Il romanzo di Andrea Garbarino, Gli Appartati, ambientato dalle parti di Buenos Aires è stato avvicinato a una certa tradizione sudamericana di quella vicina per esempio a Paco Ignacio Taibo II, molto avventurosa, con spiccati elementi di genere, in cui coesistono senza troppi rovelli teorici il thriller, il giallo, l’avventura, il noir etc. A mio avviso Garbarino invece scrive meglio di ciò che leggiamo in traduzione, non indulge a facili sentimentalismi, costruisce sagacemente storie nelle quali l’elemento magico non ha nulla di corrivo anche quando risulta estenuante ma si respira assieme al clima di decadenza dei personaggi, figure impregnate di un passato già ricco e che riemerge nell’aria umida della foce del Rio Paraná: nebuloso, ambiguo, persino improbabile. 
I suoi personaggi sono, prima dell’intreccio che li avvicina, già “storie” di per sé. C’è un ex professore anarchico e soprattutto ex marmista caduto in disgrazia per aver male realizzato mille busti di Peron; una nobildonna cui hanno ucciso il marito molti anni prima; il capitano greco di una nave che si arena nel delta del Tigre, un uomo che conosce gli altri uomini avendo molto imparato alla guida di un equipaggio (“gli erano bastate poche settimane per capire che i marinai condividono un destino da reclusi (…) come i reduci di una guerra sporca”); e infine, un’altra donna, anch’essa vedova ma risposata a un uomo non particolarmente amabile. Tutti esuli in qualche modo, alla ricerca di imperfette e non pacifiche solitudini, debbono però vedersela con il tarantiniano Titano, un gangster da strozzinaggio, con il gusto della lirica, pronto a cantare “Nessun Dorma” mentre i suoi scagnozzi si lavorano qualche reticente al pizzo, legato a “innominati” ben più potenti di lui che vogliono trasformare l’area in un parco giochi. Come a dire che ormai l’orrore nella forma abnorme e paradossale dello spettacolo insegue i custodi di più discrete ed eleganti inquietudini negli angoli più remoti del pianeta. Resistere anche lì è un gesto oneroso e pericoloso. 
Ambientazione insolita per un romanzo italiano, le storie passate e le nuove scivolano intorno all’acqua che le raccoglie, fluide e a volte più lente, perse nelle nebbie locali e in quelle oniriche dei personaggi, nel desiderio alla lunga insostenibile di una vita solitaria da opporre al rumore volgare del mondo. Non possono smettere di farvi fronte, nemmeno in quella striscia di mare alla fine del mondo – in cui la storia va a cercare la sua conclusione - che si chiama stretto di Magellano.

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