10 mar 2012

Spioni e comunisti (oddio, ancora?)


dal paradiso

dal paradiso



Copertina
L’eccessiva irrequietezza e sensibilità di Vittorio Gassman ne faceva un potenziale sovversivo - e perciò un tipo da tenere d’occhio, per i celeri tutori dell’ordine democristiano. Non so se è da considerare più un titolo di merito per l’attore o un paragrafo da aggiungere alla tragicomica sostanza di cui è fatta la storia dell’Italia repubblicana.Ma c’è poco da ridere, il lavoro di Mirella Serri Sorvegliati Speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945-1980) è condotto su materiale degli archivi di stato. Scopriamo che lo status di “intellettuale” agli occhi di celerini questurini e carabinieri convinti di salvare la patria dai cattivissimi fan della falce e martello nonché buongustai di bambini, veniva concesso con molta facilità. Veniamo così a sapere che un bel pezzo del mondo teatrale e cinematografico del dopoguerra e dei decenni successivi viene monitorato e segnalato fra una recita e l’altra. Chissà se i più giovani immaginano che la dolce e soporifera Dacia Maraini potesse inquietare le notti delle nostre “forze dell’ordine” (nominalmente democristiane, sostanzialmente fascistoidi). O che le stesse prendessero sul serio i sogni (?) rivoluzionari di Gianfranco Funari o Giampiero Mughini (sic), o l’indecidibile afflato sovversivo del sempiterno Max D’Alema o dell’altro ineffabile Claudio Petruccioli (la suina pinguedine nel suo caso è una maschera ordita dal kgb). Avete voglia di denigrare gli anni Settanta, ma chi non li ha vissuti non s’è perso solo il piombo. Uno pensa a Feltrinelli, e vabbè, sa tutto della coppia Rame –Fo, PPP va da sé e con uno come Toni Negri dico, che dovevano fare? Essere vicini al Pci non suscitava simpatia. Essere a sinistra del Pci, peggio. Ma leggere certi nomi lascia interdetti. Gente già allora di spettacolo (perplime e spalanca abissi di ilarità trovare chessò il nome di Paolo Liguori - detto “Straccio”, all’epoca in Lotta Continua poi passato per il peggio degli ultimi decenni, da Comunione e Liberazione alla servitù del pecoreccio e agonizzante signore di Arcore), questa spavalda guitteria assortita sembra eccitare i poliziotti, artefici di mattinali che ne restituiscono pari pari l’immagine di broccoloni cattivelli tuttora in auge – l’immagine dico. Ridere fanno ridere spesso, ma non di rado fanno anche male (come oggi peraltro), come quando salta la rappresentazione de Il Vicario di Rolf Hochhuth, non proprio indulgente con l’indulgenza per non dire peggio di Pio XII verso il nazismo. Gian Maria Volontè ne sa qualcosa. Le botte volano.Il fatto è che molti non sanno che negli anni Settanta bastava essere un pischello e farsi una canna immaginando di essere Robert Plant piuttosto che accamparsi sotto l’ala protettiva di un prete o di un banchiere per meritare l’attenzione di una scheda a carico. Era sufficiente per ritagliarsi quel tanto di nobiltà spirituale che spettava ai ribelli, veri o presunti (la seconda che ho detto innanzitutto e per lo più).I motivi fondamentali di tanta alacrità erano i soliti: la fobia del comunismo, la filiazione fascista degli apparati di controllo (si direbbe che Togliatti con la sua amnistia le grane se le sia cercate) la guerra fredda, il maccartismo. Tutto concorreva ad accrescere la solerzia sospettosa di un potere non solo timoroso dell’avanzata comunista ma che non sapeva nemmeno distinguere fra l’anarchismo, poniamo, il maoismo (spesso improvvisato, è risaputo), e le Botteghe Oscure tutt’altro tenere con chiunque non la pensasse come loro. 
La Serri peraltro, nella sbilanciata introduzione che apre questa peraltro interessante “microstoria” di gendarmi – e di spie infiltrate - a caccia di agitatori sediziosi e magari terroristi ne approfitta per ricordare quanto brutta fosse la figura dell’intellettuale organico, quanto ciechi fossero i suoi esemplari rispetto alla tragedia sovietica (esagerando alquanto nel sostenere che tutti stessero ancora in adorazione di Stalin - quando? negli anni Settanta? mah) e quanto l’Italia sia ancora oggi priva di una vera cultura liberale, che si direbbe ai suoi occhi la sola degna di esercitare spirito critico. Naturalmente, Paolo Mieli ci si è buttato a pesce. 

Cerca nel blog