La prima cosa che ti vien fatto di pensare se ti metti a riguardare Greetings (Ciao America nella versione italiana) di Brian De Palma, a parte il décor anni Sessanta quasi esasperato, è il senso di notevole libertà della narrazione. Non solo perché le storie che lo compongono offrono lo spettacolo di una disinvolta insofferenza per le ragioni commerciali o puramente tradizionali dell’intreccio, della suspense, del romanzare ben congegnato, ma la capacità, invero tutta registica, di muoversi attraverso stili differenti – in questo e non solo dando ragione alla pretesa del De Palma d’antan di definirsi il Godard americano.
E direi che in effetti nonostante gli omaggi anche espliciti a Truffaut, è all’autore di À bout de souffleche maggiormente guarda De Palma. In uno scenario americano che spazia dalle strade aperte e colorate degli anni Sessanta agli interni fintamente ingenui e semplici, poveri, in realtà ipercerebrali tipici di certa nouvelle vague, dalla luce insieme sgranata e livida, discretamente espressionistica, il regista di Carlito’s Way, Blow Out e qualche decina di altri film comunque molto diversi da Greetings, disegna geometrie sbilenche, oblique della gioventù americana che rifiuta la missione fintamente democratica in realtà fin troppo autoritaria dell’America di quegli anni.
Il film racconta di tre amici, giovani maniacali, balordi a modo loro, ossessivi o logorroici alle prese con le distorsioni dell’american dream (un sogno in questo caso assai straniante).
Joe - Robert De Niro, bel pischello -, incline al voyeurismo cinematografico, cultore di un genere per cosi dire autoprodotto visto che si diletta a filmare donne che si spogliano davanti alle finestre; Paul (Jonathan Warden), che De Palma lascia in balia di una serie grottesca di piccole avventure nel tentativo di farsi riformare dall'esercito ed evitare così la tragedia del Vietnam (preoccupazione condivisa con gli altri personaggi); infine Lloyd (Gerrit Graham), il cui unico scopo nella vita sembra essere quello di scoprire com’è davvero andato l’affaire JFK, escludendo come fa a priori che Kennedy sia morto per le ragioni propagandate dalla versione ufficiale.
L’evidenza di un potere coercitivo ma in superficie soft, che utilizza la televisione e l’appello ai “valori” americani del suo Presidente, è raccontata in chiave dissacrante e non priva di auto-ironia. La commedia vira verso il grottesco, il dramma (a parte Lloyd che viene fatto fuori con un colpo di pistola) è sottotraccia, i movimenti di macchina presentano una varietà di soluzioni notevole (compresi gli inserti reinventati da cinema muto) che riflette la libertà informale della struttura complessiva, con qualche momento di stanchezza nei momenti più accanitamente verbigeranti, secondo temperamento maniacale di certa generazione afflitta da inquietudine elocutiva e accanimento ragionativo, anche nel cazzeggio.
Terzo lungometraggio (1968) di Brian De Palma, che avviava con questo film e il successivo Hi, Mom! l’intrapresa di un cinema statunitense autoriale assieme a Coppola e Scorsese, Greetings vinse l'Orso d'argento a Berlino. Ora è uscito in DVD per le fondamentali edizioni RaroVideo.