17 apr 2010

Intervista al filosofo Mario Perniola

Dal paradisodegliorchi.com
Gentile professore, il suo ultimo interessantissimo libro, 'Miracoli e traumi della comunicazione', è anche denso di snodi concettuali a prima vista non sempre ovvi. La prima domanda è questa: l'epoca della comunicazione (questo regime, in sintesi, dell'opinione in cui siamo immersi, che svaluta il sapere e l'esercizio illuministico della critica in favore della pubblicità e della chiacchiera) secondo lei comincerebbe esattamente quando? Con la fine della seconda guerra mondiale o con il '68? E quali, eventualmente, le differenze?
A differenza di pensatori ai quali sono stato spesso assimilato, che ritengono di vivere in un mondo fatto solo di finzioni, il mio punto di vista è realistico nel senso politico del termine: dalla Seconda guerra mondiale ad oggi, nulla di sostanziale è cambiato, poiché sono i cinque vincitori di quella guerra a tenere tuttora il mondo sotto controllo. Fino agli anni Sessanta tuttavia questo controllo era esercitato mediante le armi tradizionali della propaganda. E' stata la "contro-cultura", che in Italia chiamiamo "contestazione" a introdurre un altro regime, quello della comunicazione mass-mediatica, la quale poi è stata assimilata e fatta propria da coloro che voleva combattere. Del resto, la stessa cosa è avvenuta nell'economia: la new-economy, come mostra Boltanski, è il ricupero delle istanze di autonomia, di libertà e di creatività a favore del capitalismo. Anche l'oscurantismo nella forma che conosciamo nasce proprio negli anni Sessanta, mediante la confusione tra autoritarismo e autorevolezza. Esso ri-presenta in una forma soft in Occidente e in una forma hard in Oriente (la rivoluzione culturale maoista e il regime dei Khmer Rossi in Cambogia).continua qui  qui invece la recensione al suo libro



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