18 apr 2010

Alcofribas 5 - Giovanni Versu

ancora una lettura dell'amico scomparso Alcofribas

Giovanni Versu
L’affossamento dei secondi
Alba Nuova Editore,  Pag 154  Euro 13,00

Tutti  avrebbero voluto essere i primi nella vita, ma in realtà si sprecano i secondi, essendo i terzi e via declinando non partecipanti a pieno titolo ma convenuti per fare da pubblico quando va bene, carne da macello perlopiù. I primi, si sa, sono talmente pochi che soffrono in solitudine, fatta eccezione per quelli che riescono ad assurgere a immaginario di chi li contempla nei libri di successo – quelli soffrono sì, ma ricevono per empatia trasmessa e restituita al mittente una solidarietà sentimentale, al limite dello psicotico, così struggente da intenerire persino i cinici  professionisti della cultura: dopo la condanna a quel destino infelice, esser vincitori nei premi letterari che contano, è il minimo.
Ma che ne è dei secondi, di questa pletora di sganasciati stremati moribondi che si affannano senza soluzione di continuità e senza ricevere le soddisfazioni che meritano? Ivi si racconta il destino di uno di loro, Maurizio Salvo, politico di lingua italiana – si fa per dire - accoppato alla nascita da una bruttezza imbarazzante, reso guercio e più ammaccato ancora da cofane di palate allorché aveva ai bei tempi andati azzardato collusioni in prima persona nei gentili rendez-vous fra estremisti di destra e sinistra, fuoriuscito dal mondo del giornalismo per incontrovertibile inferiorità e miracolato da un Signore cui uno come lui a quel punto non poté fare a meno di credere, e trascinato da questa teleologica botta di culo a portavoce di un aggressivo squadrone politico.
Nell’agile romanzetto - a chiave fino a un certo punto, quello in cui devi arrenderti all’idea che tutto questo possa essere davvero “reale” - lo vedi tutti i santi giorni anfanare come un piccolo mulo ottuso, scoreggiare con tutta la forza che ha in corpo, sbraitare con la bava alla bocca, lui, munito di due labbrucce vezzose capaci di trasformarsi subitaneamente in sguaiato latrato e ti chiedi come ciò sia possibile - se lo domanda lo stesso narratore, il navigato Giovanni Versu, man mano che ce lo racconta. Perché uno che dovrebbe esser pacificato, sofisticato da questa ormai lunga frequentazione del potere, proprio non ce la fa? Perché uno che fino a una dozzina di anni fa marciva nelle fogne della nostalgia littoria e ora si ritrova come un’immaginetta buddista – vero, non di prima scelta quanto a gradevolezza estetica – a ogni ora del giorno e della notte nelle case di quel curioso popolo che si definisce italiano, non si accontenta dei risultati raggiunti?
In un lavoro che ha le movenze del romanzo di s-formazione la domanda si fa talmente pressante che il tono acquista via via la tensione del thriller – diciamo che in questo, Giovanni Versu, mostra di sapere il fatto suo: tira e molla, accelera, rallenta, stringe e a tratti scivola in lunghe digressioni che poi si chiudono secche e taglienti approssimando sempre più la rivelazione definitiva. Che però non mantiene tutte le sue promesse, perché il sospetto alla fine è che il rebus si sciolga con troppa facilità. L’affossamento decennale nella geenna ha lasciato il segno, è questa la rivelazione poco originale e peraltro poco sorprendente. Ma se è vero che anni di cloaca non si fanno redimere da nessuna ascesi futura, non ci si potrebbe qualche volta risparmiare esempi di realismo così greve?  Non li si potrebbe accontentare questi eterni secondi(ni) una buona volta e anticipare loro la via non del primato ma della santità?

Alcofribas




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