20 feb 2013

Sherwood Anderson

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Dopo Winesburg, Ohio, venne Il trionfo dell’uovo. Ma in Italia arriva con novant’anni di ritardo. Sherwood Anderson (1876-1941) dopo anni di oblio negli ultimi tempi sta conoscendo da noi una nuova piccola, meritata fortuna. Questi quindici racconti li traduce per Piano B Edizioni Daniele Suardi. Ne cura anche l’introduzione. A proposito della quale direi subito che se si vuole accreditare la categoria del grottesco come peculiare della narrativa dello scrittore americano (padre spirituale almeno di Hemingway e Faulkner) bisogna precisare che non sarebbe un grottesco da esibizione, da circo delle stranezze, da Barnum delle affezioni fisiche. Piuttosto, la diremmo una curiosa dismisura sottotono, silenziosa, raccolta in un segreto privato, personale – di vite apparentemente banali, che però della normalità conservano innanzitutto l’indicibile che si nasconde dietro le apparenze. Un cuore inconfessabile. 

Potrebbe non essere per niente inverosimile per esempio che per amare una donna al punto di sceglierla come moglie tu debba passare per un incontro clandestino con un’altra, una sconosciuta, per una sola sera, magari la sera prima di sposarti. Lo scarto fuori norma ma non troppo raccontato ne L’altra donna, uno dei quindici racconti della raccolta, è esemplare di queste vite – che siano americane mi pare a tratti secondario a fronte del fatto che sono prima di tutto storie di provincia anche quando raggiungono le metropoli. Vite diffratte rispetto alle fragili identità che ne sono portatrici. Come ci fosse sottesa l’ipostasi di una vita più vera, occultata nella menzogna. Va da sé che narrare tutto ciò è il destino, o la vocazione, di una letteratura che non si voglia di puro arredamento. Lo sapeva lo stesso Anderson, che ne Il muto, primo brevissimo racconto della raccolta, mostra come l’assenza di quel talento (che è poi immaginare a partire da una serie di dati) renda vana qualsiasi costellazione di ambienti e personaggi. L’estraneità letale dalla vita se non nella forma suicidale di un matrimonio tutt’altro che convinto è ancora nel tedio del professore, marito e padre impalpabile, de La porta della trappola. O nello storico de L’uomo con il cappotto marrone, ennesimo coniuge sgomento per la constatazione irrimediabile che il rapporto con la moglie è fondato su una radicale incomprensione: solo il portato più evidente di una congenita difficoltà a comunicare con il prossimo, a dispetto delle sue doti professionali. Per nulla estraneo a tutto questo – all’iniqua virtù di tormentato e tutt’altro che retorico uomo di lettere – è peraltro il nucleo biografico dell’autore. Diversi fra i personaggi che si aggirano ne Il trionfo dell’uovo toccano tangenzialmente un punto cruciale dell’esistenza stessa dell’autore: l’Anderson che a un certo punto della sua vita, in seguito a un crollo psichico, realizza che la sola verità possibile, per uno come lui, è quella della scrittura. Lascia moglie e quattro figli e diventa lo scrittore (certo, meno grande di altri statunitensi venuti dopo di lui) che sappiamo.Questa distanza fra i personaggi e se stessi, come se fossero fuori luogo ovunque, fuori centro, non riguarda solo figure di uomini colti. E se in Europa in quegli anni in fondo si raccontavano storie simili, vite in cui il pronome “io” si andava frantumando alla stessa velocità, una connotazione più palesemente geografica, socialmente determinata, l’ombra nera del sogno americano insomma appare più evidente in certi scossoni ammortizzati alla meno peggio da personaggi meno attrezzati dei primi. Sono sconfitte, ferite insanabili che si producono nel passaggio fra un’esistenza contadina e la modernità – una modernità seguita più per sentito dire che per convinzione. Nel racconto L’uovo, è manifesto persino didascalicamente quanto il lascito di quella utopia sia piena di effetti collaterali. A sentire il narratore, suo padre fino a un certo punto “era stato abbastanza felice della sua posizione nel mondo”; ma – allude ai genitori – “a quei due poi successe qualcosa. Divennero ambiziosi. La passione americana per l’ascesa sociale s’impossessò di loro”. La donna convince l’uomo ad “abbandonare il suo lavoro di bracciante”. E a tentare la fortuna con un “allevamento di polli” prima, un ristorante poi. L’esito non sarà quello sperato. Col deserto che si scava in queste vite la grande narrativa americana a seguire sarà costretta a fare i conti.


pubblicata su alibionline.it

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