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Il segreto nella letteratura moderna, volume di critica collettiva, è un esempio, scrivono le curatrici nonché autrici di due dei saggi qui presenti Patrizia Guida e Giovanna Scianatico, di un’attitudine comparatistica che se da una parte è ovvia e slitta ormai in assenza di definizioni dentro l’orizzonte tutto dell’universo letterario che nessuno può oramai più considerare costituito di recinti conclusi in se stessi e alieni dall’angoscia dell’influenza (compresa quella dei critici) - da cui caso mai è arduo liberarsi, dall’altro rischia di ripassare moduli interpretativi poco stimolanti perché agganciati a uno sguardo ripetitivo che non aggiunge molto al già detto. In generale, l’accademia è accademia, il ritardo rispetto alla letteratura viva – compresa quella dei morti da un pezzo - quasi comico; perlopiù ciò che oggi esce dall’università non appassiona nessuno. Non siamo nostalgici del furore semiotico che è passato senza lasciare granché, con buona pace di Umberto Eco, e non è più questione di contrapporlo a un approccio lasco post-post romantico o neo-neo impressionista. Voglio dire, non è certo l’apertura interdisciplinare il problema, benché gli studi di questo genere spesso risultino pretestuosi e più che denunciare debolezza teorico-argomentativa evidenziano un deficit dello sguardo, incapace di sopperire alla stanchezza dell’occhio presbite che si affatica davanti alla contemporaneità dei vivi e vegeti – parliamo di testi, ovvio. E qui si sta sui testi, certo, e l’acribia formale non fa difetto. Però, che si tratti di studiosi del Rinascimento o contemporaneisti, italianisti o germanisti, i contributi, secondo lessico in uso da quelle parti, possiamo soltanto giudicarli uno a uno per quel che sono. Alcuni buoni, altri meno; qualcuno illeggibile (la prosa di un saggetto che si esercita malamente su Dostoevskij e Kafka è sconsolante).
La tematica in gioco nel libro, dichiarata “fondante della letteratura a partire dalle sue origini mitiche”, è quella del segreto, secondo accezioni e declinazioni diverse.
L’aggettivo “moderna” – è il caso di notarlo ché di solito il Paradiso non va troppo indietro nel tempo - è qui da intendersi secondo aduso protocollo storiografico che ne individua l’inizio nell’Umanesimo; e difatti questo volume eterogeneo, anche nei modelli letterari che investiga, dalla poesia al romanzo cavalleresco, dal dialogo morale al romanzo novecentesco – principia da Petrarca, autore che la tradizione italiana l’ha inventata (e non è stato un gran bene, agli occhi di chi scrive, visto che il modello per troppi versi inimitabile ma per altri indigeribile che lo stomaco peloso della corte italica ha messo da parte, si chiama Dante Alighieri. Nei fatti, ossia nella lingua e quindi nel corpore vili della nostra spirituale costituzione è Petrarca il “padre della lingua italiana”). Ma non è di questo che discute il saggio introduttivo al volume di Antonia Acciani, quanto delsenhal Laura: essa segreto più segreto di tutte dell’opera petrarchesca, cuore pulsante della sua stessa vita (del poeta) perciò anche veleno sicuro per tirare le cuoia. Limitandoci a segnalare i lavori più riusciti, interessante appare anche il saggio di Lorella Bosco su Marcel Beyer, poeta, scrittore e critico musicale da noi poco noto (nonostante sia stato pubblicato da Einaudi) che ragiona intorno alla natura segreta perché elusiva delle immagini. O quello sulla segretezza femminile che s’interseca nella storia letteraria italiana con il motivo del silenzio e delle donne “che van mostrando con le poppe il petto” per lo scorno del severissimo Alighieri. Infine, l’indagine della Guida, precisa ancorché non originalissima, sull’afasia novecentesca quale sublime paradosso dell’indicibilità del segreto, fra il cipiglio sacerdotale di Ungaretti e le folgorazioni implose del dimenticato Dino Campana, trova forse il cuore stesso del libro ossia una sua più puntuale motivazione intrinseca al di là delle presumibili ragioni editoriali.