14 feb 2010

Riccardo Bocca


Gli Anni Feroci


Rizzoli 
(apparso su http://www.paradisodegliorchi.com/cgi-bin/pagina.pl )
Detto che in questo romanzo sono tutti stronzi – e un limite del libro è già contenuto nel titolo, troppo programmatico – la parte del leone la fa la voce narrante, anche protagonista della storia. Parliamo di un genere che conosciamo bene: l’ex studente di sinistra poco convinto che per un caso fortunato – ride in faccia ad Andreotti durante una manifestazione negli anni Ottanta – viene cooptato dalla televisione per farne una star della beceraggine ancora in corso. Insomma, un epigono di ciò che anni fa si chiamava rampantismo e adesso non ha più nome perché quattro quinti degli italiani sono diventati così. Un cinico narcisista bacato dall’ossessione del dominio e travolto dal proprio nulla risolto nel simulacro dell’immagine.

Di questi fasti ci vengono raccontati pochi momenti, l’incontro con Renzo Arbore e altre figure ammorbanti che hanno colonizzato il cervello degli italiani. Dopo aver guadagnato soldi a palate e aver sentito l’ebbrezza dell’onnipotenza, il tizio viene cacciato dalla Rai perché per errore, un caso – un altro -, pesta i piedi di qualcuno che conta. Riciclatosi come manager – e ti pareva - continua a far soldi, ma non accetta la caduta. Frequenta criminaloidi peggiori di lui, e non riesce a darsi pace: o si è una star televisiva o non si è niente. Difatti, è un marito fallito, un padre inetto nonché a sua volta figlio coglioncello anzichenò.

Gli anni sono feroci, è vero, e non lo si dirà mai abbastanza, ma - sarà la formazione giornalistica dell’autore - credo che un romanzo debba fare un passo ulteriore, se non proprio diverso, rispetto al semplice reperto di un mondo. Voglio dire, il libro di Bocca non sorprende granché, la ferocia del denaro e dell’essere qualcuno a tutti i costi, anche un pezzo di merda ma meglio di niente, ce la racconta la sola presenza – esistenza – di un Fabrizio Corona (e lui lo sa benissimo). E non basta sfondare il piano della cronaca; se si tratta di raccontare la condizione umana di in un determinato momento storico, se la narrativa vuole esibirsi nella messinscena del crollo antropologico dal di dentro deve inventare qualcosa che nessuno ha mai nominato prima. Insomma, oltreché nella prevedibilità dei personaggi, il limite principale di questo romanzo sta nella lingua – un po’ troppo di servizio, anche se occultato dal martellamento paratattico, dalla punteggiatura insistita, dai frequenti a capo. Autore fra le altre cose di un importante libro-inchiesta sulla strage di Bologna e di una biografia di Maurizio Costanzo esemplare quale racconto della mediocrità al potere – fra amici piduisti, salamelecchi berlusconiani, femminoidi messe a disposizione per (dis)fare la (in)cultura di questo tristissimo paese - ecco, Bocca scrive come dovrebbe fare un bravo giornalista, quale difatti egli è. Peccato che questo sia un romanzo, e il tentativo di Giuseppe Genna di inscriverlo in una grande controstoria italiana di questi anni mettendolo assieme a Siti, Vasta, Falco etc è piuttosto fuori tono.




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