James Jones
flaneri
Del titolo hanno avuto sentore in tanti, il film nell’Italia recente lo
hanno visto sicuramente molte meno persone, il libro da cui è tratto
qui da noi è quasi una novità. Quasi perché il romanzone Da qui all’eternità di
James Jones(1921-1977) finora circolava in una versione Oscar Mondadori
che, come quella americana, era scevra dei suoi contenuti più indigesti
a quella gran parte di pubblico che il racconto del mondo può
tollerarlo solo a patto che non si vada sino in fondo.
Pensare che la rappresentazione – editorialmente edulcorata – della
vita militare americana ai tempi di Pearl Harbour valse allo scrittore
il National Book Award nel 1952 (e successivamente ne tirarono fuori il
film di Fred Zinnemann con Burt Lancaster e Montgomery Clift, che
avrebbe fatto man bassa di Oscar). Be’, Jones per tutto questo dovette
pagare un prezzo salatissimo.Il libro subì tagli poderosi: la censura
intervenne pesantemente su molte scene, sui dialoghi e in generale sulla
lingua del romanzo. Tutt’altro che edulcorate, scene e lingua:
dapprincipio, si capisce. Ma a giudizio dell’editore, se nel formidabile
esercito che di lì a poco avrebbe salvato il mondo dal delirio nazista
non si faceva a meno né dei rapporti omosessuali né della masturbazione,
era cosa che al puritanesimo americano (e al maccartismo d’epoca)
poteva interessare sapere, ma non nei dettagli. Si dà il caso
invece che la crudezza dell’ambientazione, il malessere quotidiano, e
l’afrore diffuso di una sessualità dispiegata in varianti generose e
brutali, costituiscano la trama tonale del romanzo – corna e bordelli
compresi.
Il fatto è che in quelle basi militari il piacere stesso sembra
incapace di sottrarsi a un certa violenza di fondo. «La gente non sa che
cazzo succede in questa nazione», scriveva Jones.Il mondo visto da lì
galleggia sotto un cielo cupissimo. L’epica che ne viene fuori è guasta,
morbosa, dissonante. Le storie di questi uomini sono rudi ma
nonfacilmente chiuse nel loro ruolo militare. A partire da Robert
Prewitt, un trombettiere di talento ed ex pugile deciso a non salire più
sul ring, Jones disegnacon una costruzione robusta personaggi che
sembrano racchiudere il destino del mondo. Sentimenti e ambizioni dei
quali, velleità e sconfitte, forza e debolezza sono ricondotti alla loro
cifra essenziale: ecce homo e il suo destino. Amori sbagliati compresi.
La musica delle conversazioni fra soldati i più la conoscono da certa
cinematografia: «“Se tu andassi dal comandante, come ti dico io, e
dicessi anche una sola parola, resteresti. E vaffanculo al capo
trombettiere Houston”. “Sì, certo. E il frocetto di Houston sarebbe
sempre primo trombettiere. Inoltre, la pratica è già passata avanti.
Firmata, sigillata e consegnata”. “’Fanculo” ripeté Red disgustato. “Le
scartoffie firmate te le puoi attaccare sai bene dove, per quel che
valgono”».
Di sicuro non è uno stilista James Jones. La sua prosa non irretisce,
anzi si arrampica senza troppi scrupoli su un fraseggio comodo e
disadorno e si avvale di similitudini a volte scontate. Una scrittura al
servizio della storia, però.La forza di Jones sta nella sua
convinzione: parliamo di un narratore poco “letterato”, che molto ha
visto e sa raccontare(partecipò in prima persona a quelle vicende, così
come alla battaglia navale di Guadalcanal – non a caso è anche l’autore
de La sottile linea rossa). Ci sono scrittori così, di cose e
non di frasi; magari puoi storcere la bocca ogni tanto ma devi ammettere
che hanno ragione loro.su flaneri