letti qualche anno fa. E qualche film.
Regia di Sofia Coppola USA 2003
Film gradevole di cui certa critica
parlò in termini di capolavoro forse perché a qualcuno l’idea che la
figlia di Coppola - esaurito ormai il genio del padre – potesse approssimare
l’eccellenza, doveva aver fatto tenerezza, Lost in translation è in realtà un’ operina garbata, perfidamente malinconica e pregna di delicatezze come una sfoglia fatta di crema
sottile, uno sfizietto da rinfresco camp, un assaggino - una storia d’amore frenata prima che sia troppo tardi fra un vecchio attore un po’
rinco in viaggio di lavoro in
Giappone e una giovane fanciulla troppo presto sposata a un ambizioso fotografo
che la lascia sempre sola in un albergo di Tokio. Dove casca l’asino della
critica corriva è, a parte l’estenuata ripetitività delle situazioni nonché
l’uso ruffiano della musica usata come riempitivo drammatico ogni
qualvolta la storia non ce la fa ad andare avanti da sola, proprio il milieu giapponese, così
stereotipato negli usi e costumi
che avremmo potuto vederne di identici in un film della premiata ditta Boldi-
De Sica.