Vaticano,
un’immedicabile patologia nel corpo d’Italia
All’origine di Vaticano S.p.A. di Gianluigi Nuzzi c’è un monsignor Renato Dardozzi, consigliere
della Segreteria di Stato della Santa Sede, deceduto nel 2003 dopo essere stato
per anni una delle figure chiave nella gestione delle finanze vaticane.
Dardozzi, forse deluso da mancati avanzamenti di carriera, forse schifato sic
et simpliciter da
ciò che aveva visto dalle parti dello Ior, la banca del papa, espresse volontà
testamentaria che tutta la mole di documenti che aveva accumulato in poco meno
di vent’anni venisse resa pubblica: si tratta di un archivio di oltre
quattromila fogli, lettere, relazioni, bilanci, verbali, note contabili,
bonifici che testimoniano senza appello i legami sinistri tra la finanza del Vaticano
e la politica italiana.
Tant’è che nessuno da quelle parti all’uscita del libro ha potuto smentire
alcunché, per la semplice ragione che era impossibile farlo. Di più, il
presidente dello Ior, Angelo Caloia, è stato finalmente costretto a lasciare
l’incarico. Prima però, pare che dal Vaticano abbiano offerto all’editrice
Chiarelettere grosse
somme di denaro (non gli manca certo, appunto) perché rinunciasse alla pubblicazione. Parliamo di
materiale che dovrebbe far sobbalzare qualsiasi cristiano metaforico e non in
qualsiasi paese del mondo - da noi no, ma questa non è una novità. Caso mai la
mancata esplosione della bomba testimonia per l’ennesima volta come il mondo
cattolico faccia un’estrema fatica a guardare con coraggio dentro i propri
affari – anfanando ancora e senza costrutto intorno a cervellotiche dottrine
che scellerati Concordati introducono nella scuola pubblica di un altro Stato
in versione catechistica grazie a insegnanti non di rado imbarazzanti nella
loro pochezza culturale. Purtroppo il male più insidioso è spesso quello che
viene da chi vi assiste passivamente. Così questi catechisti mascherati vengono
tollerati da colleghi quasi sempre ignavi, che non sai se per pigrizia o per un
vago senso di solidarietà professionale si guardano bene dal fare problema di una situazione accettata
acriticamente e in cui sono possibili – l’ho sperimentato di persona – esiti
aberranti. Lavoro nella scuola da molti anni e ho conosciuto diversi di questi catechisti
mascherati capaci di “spiegare” ai ragazzini un terremoto come una punizione
divina – esattamente come fanno nel mondo islamico più retrivo. Impunemente. Stipendiati da
noi tutti.
Un linguista, Edoardo
Lombardi Vallauri, studioso apprezzato, cattolico di lungo corso, capo scout
per vent’anni, ha scritto un libro un paio di anni fa, Capire la mente
cattolica, in cui
sosteneva che se si tratta di voler davvero capire le cose e andare sino in
fondo, un cattolico non dà molte garanzie. Di solito, non si tratta di
individui che spiccano per la loro onestà intellettuale. Ciò vale per le
astruserie dottrinarie come per il mai consumato dilemma “dio o mammona”. Detto
da uno che se intende. E in Italia stiamo sempre lì, al pre-illuminismo dei
chierici che decidono e legiferano per noi nonostante l’aberrazione di certi
pensierini come la vita imposta per forza di sondino alimentare, rianimazione
di feti abortiti, omosessuali equiparati a pedofili, insomma al Medioevo
clericale che qualcuno, innamorato perdutamente della Madonna però combattè a
carissimo prezzo sapendo quale fosse lo spazio pubblico riservato a Dio e a
Cesare – pensare che un pessimo cantautore specializzato in cazzate anni fa lo definì un “servo di partito”.
E’ anche vero
che se Vaticano SpA avrebbe potuto essere una bomba buona a far esplodere le
menti svogliate dei credenti nostrani e ciò non è successo, le responsabilità
di chi per vocazione storica si spererebbe più accorto, non mancano. Parlo
della stampa di sinistra, ovvio. Che invece non ha particolarmente brillato
nell’occasione, non so se per indifferenza, o perché qualcuno ha voluto vedere
dietro il libro un colpo basso di Berlusconi – timoroso che la Chiesa cedesse
alla tentazione di non appoggiarlo a dovere (vedere l’affaire Boffo). Purtroppo, non credo che
l’avventuriero di Arcore corresse – corra - davvero questo rischio. E’ vero che Nuzzi, l’autore di Vaticano
S.p.A., giornalista
in forza a “Libero” e a “Panorama, è prodigo di ringraziamenti per
l’imbarazzante figuro che porta il nome di Maurizio Belpietro; che quando
scrive di Mangano e Dell’Utri fa parecchio il sofista, e che nella mala impresa
che racconta – in un arco temporale che dall’epoca del vescovo Marcinkus, qui
fuori scena, a oggi non ha conosciuto significativi momenti di ripensamento -
sorvola alquanto sullo speriamo caduco presidente del Consiglio, come se non
fosse qui a dettare legge ma disperso in un’isola di un altro universo. Su
Berlusconi, insomma, Nuzzi tace. Ed è anche vero che quando gli eredi di
Dardozzi hanno dovuto decidere a chi affidare il materiale sono stati attenti a
non farlo cadere nelle mani di qualche anticlericale militante (ce ne sono
ancora? scriveteci!). Insomma, qualche indizio a carico dell’ipotesi di colpo
basso del padrone, ci sarebbe pure. Tuttavia, i documenti qui presenti si
collocano fuori da ogni possibilità di smentita e quali siano le ragioni della
loro pubblicazione, essa resta. E avrebbe dovuto essere sufficiente anche alla
stampa di sinistra. Manovra o meno dell’allegrone brianzolo, i documenti di Dardozzi sono
stati ricostruiti da Nuzzi secondo una logica, anche narrativa, che regge alla
lettura nonostante l’oggettiva mancanza di entusiasmo che procurano dati, cifre
e sequenze di operazioni finanziarie. Il periodo implicato riguarda la
gestione dello Ior da parte di De Bonis - un prelato abile con il denaro sporco
non meno di Sindona -, una gestione più criminosa di quella di Marcinkus (uno
che diceva che “la chiesa non si amministra con le ave marie”), liberandosi del
quale la Chiesa romana venti anni fa cercò di darsi una sciacquata all’immagine
compromessa dal brutto affaire Ambrosoli - Banco Ambrosiano - P2 – Calvi etc.
Ora, quello che è successo allo Ior, non sarebbe stato
possibile all’interno di una banca di un qualsiasi altro stato europeo -
almeno, non nelle forme, nelle modalità e nelle quantità che qui si possono
apprezzare. Nello stato teocratico che ci ritroviamo quale non gradito ospite
di là dal Tevere, la banca non risponde a nessun tipo di controllo, non
aderisce a nessuna normativa internazionale che controlli i flussi di denaro e
non può essere perquisita. Alla magistratura italiana - chiedere a Di Pietro e
a Gherardo Colombo dove s’impantana Tangentopoli - per intervenire servono
rogatorie internazionali che naturalmente i nostri governi non hanno mai
sollecitato con forza, e ad esse le gerarchie vaticane si guardano bene dal
rispondere se non con lacunosa riluttanza. In nome della missione terrena del
Vicario di Cristo e dei suoi Pastori, lo Ior in questi anni non ha mancato
invece di accogliere a braccia aperte chi in Italia cercava un luogo per
investire danaro di dubbia provenienza, senza il bisogno di ricorrere a chissà
quale esotico paradiso fiscale trovandone uno così comodo e sicuro dentro Roma.
Monsignor de Bonis e i suoi amici sono stati capaci di imbastire spericolati ma abilissimi
giochetti di prestigio che hanno permesso di smistare ingenti quantità di
denaro: quello piovuto a pioggia dalla maxi tangente Enimont, quello legato
alla longa manus
di Andreotti – omissis, in codice -, a manovre politiche più mafiose che no, al riciclaggio
per conto dei corleonesi, dell’ex sindaco di Palermo, Ciancimino, oggi grazie
(?) al figlio al centro di nuove indagini intorno alle trattative mafia-stato,
alle collusioni profonde con Gelli e la P2. Nel libro ci si concentra
soprattutto sul conto bancario aperto negli anni '90, intestato fittiziamente
alla fondazione Spellman, dietro cui si celava il senatore Giulio Andreotti. Su
quel conto sono transitati decine e decine di miliardi, operazioni finanziarie
disinvolte, come quelle che avrebbero dovuto favorire la nascita di un nuovo
grande partito di centro dopo la morte della Dc, e ancora malversazioni
decennali, lasciti oscuri, appropriazioni indebite, lavaggio di denaro
tangentizio che entra con un brutto fetore criminale e riesce fuori nei conti
privati di delinquenti di governo “più bianco che mai”. E ancora, depistaggi e
deviazioni improvvise di soldi, comprese offerte dei fedeli, ufficialmente destinati
a messe per i defunti e ad aiuti per i bambini poveri, che prendono la strada
per Montecarlo. La torre che custodisce il forziere dei cardinali ha mura
spesse 9 metri ed è di facile accessibilità, come ricorda Nuzzi. Per entrare
nello Stato Vaticano e quindi nella banca, basta presentarsi all'ingresso di
porta Sant'anna con una ricetta medica. Eccola, la manna caduta dal cielo,
al centro di Roma. Peraltro,
se la pubblicazione del libro di Nuzzi fosse una manovra architettata secondo le riferite
illazioni di cui sopra, considerando che il presidente Caloia è stato fatto
fuori, avremmo un altro colpo di scena: il Vaticano avrebbe fatto una bella
figura (non è facile) dimostrando finalmente la volontà di fare chiarezza,
salvo insediare al posto di comando dello Ior un uomo dell’Opus Dei, vicino a Comunione
e Liberazione ossia a un eventuale ahimé
non impossibile futuro governo Formigoni. Bello scenario, no?
In ultimo, se qualcuno
si fosse nel frattempo fatto venire la curiosità: la risposta è sì - nonostante
i commentatori si siano guadati bene dal notarlo -, Wojtyla venne più volte informato di ciò che
succedeva. Il papa polacco era a conoscenza del gran traffico di denaro sporco
che circolava e si smistava a casa sua, anche perché da quei canali provenivano
pure i soldi che servivano a Solidarnosc per spazzare via il comunismo dalla
faccia della terra. Wojtyla si guardò bene dal rimuovere qualcuno dal proprio
incarico. Un santo padre - è mestiere suo - ha una buona parola per tutti.
P.S
Sul sito dell’editore
chiarelettere.it è possibile consultare tutti documenti contenuti di Vaticano
SpA
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