2 mar 2010

Vaticano S.p.A

www.chiarelettere.it
  Vaticano, un’immedicabile patologia nel corpo d’Italia
  
All’origine di Vaticano S.p.A. di Gianluigi Nuzzi c’è un monsignor Renato Dardozzi, consigliere della Segreteria di Stato della Santa Sede, deceduto nel 2003 dopo essere stato per anni una delle figure chiave nella gestione delle finanze vaticane. Dardozzi, forse deluso da mancati avanzamenti di carriera, forse schifato sic et simpliciter da ciò che aveva visto dalle parti dello Ior, la banca del papa, espresse volontà testamentaria che tutta la mole di documenti che aveva accumulato in poco meno di vent’anni venisse resa pubblica: si tratta di un archivio di oltre quattromila fogli, lettere, relazioni, bilanci, verbali, note contabili, bonifici che testimoniano senza appello i legami sinistri tra la finanza del Vaticano e la politica italiana. Tant’è che nessuno da quelle parti all’uscita del libro ha potuto smentire alcunché, per la semplice ragione che era impossibile farlo. Di più, il presidente dello Ior, Angelo Caloia, è stato finalmente costretto a lasciare l’incarico. Prima però, pare che dal Vaticano abbiano offerto all’editrice Chiarelettere grosse somme di denaro (non gli manca certo, appunto) perché rinunciasse alla pubblicazione. Parliamo di materiale che dovrebbe far sobbalzare qualsiasi cristiano metaforico e non in qualsiasi paese del mondo - da noi no, ma questa non è una novità. Caso mai la mancata esplosione della bomba testimonia per l’ennesima volta come il mondo cattolico faccia un’estrema fatica a guardare con coraggio dentro i propri affari – anfanando ancora e senza costrutto intorno a cervellotiche dottrine che scellerati Concordati introducono nella scuola pubblica di un altro Stato in versione catechistica grazie a insegnanti non di rado imbarazzanti nella loro pochezza culturale. Purtroppo il male più insidioso è spesso quello che viene da chi vi assiste passivamente. Così questi catechisti mascherati vengono tollerati da colleghi quasi sempre ignavi, che non sai se per pigrizia o per un vago senso di solidarietà professionale si guardano bene dal fare problema di una situazione accettata acriticamente e in cui sono possibili – l’ho sperimentato di persona – esiti aberranti. Lavoro nella scuola da molti anni e ho conosciuto diversi di questi catechisti mascherati capaci di “spiegare” ai ragazzini un terremoto come una punizione divina – esattamente come fanno nel mondo islamico più retrivo. Impunemente. Stipendiati da noi tutti.
Un linguista, Edoardo Lombardi Vallauri, studioso apprezzato, cattolico di lungo corso, capo scout per vent’anni, ha scritto un libro un paio di anni fa, Capire la mente cattolica, in cui sosteneva che se si tratta di voler davvero capire le cose e andare sino in fondo, un cattolico non dà molte garanzie. Di solito, non si tratta di individui che spiccano per la loro onestà intellettuale. Ciò vale per le astruserie dottrinarie come per il mai consumato dilemma “dio o mammona”. Detto da uno che se intende. E in Italia stiamo sempre lì, al pre-illuminismo dei chierici che decidono e legiferano per noi nonostante l’aberrazione di certi pensierini come la vita imposta per forza di sondino alimentare, rianimazione di feti abortiti, omosessuali equiparati a pedofili, insomma al Medioevo clericale che qualcuno, innamorato perdutamente della Madonna però combattè a carissimo prezzo sapendo quale fosse lo spazio pubblico riservato a Dio e a Cesare – pensare che un pessimo cantautore specializzato in cazzate  anni fa lo definì un “servo di partito”.
E’ anche vero che se Vaticano SpA avrebbe potuto essere una bomba buona a far esplodere le menti svogliate dei credenti nostrani e ciò non è successo, le responsabilità di chi per vocazione storica si spererebbe più accorto, non mancano. Parlo della stampa di sinistra, ovvio. Che invece non ha particolarmente brillato nell’occasione, non so se per indifferenza, o perché qualcuno ha voluto vedere dietro il libro un colpo basso di Berlusconi – timoroso che la Chiesa cedesse alla tentazione di non appoggiarlo a dovere (vedere l’affaire Boffo). Purtroppo, non credo che l’avventuriero di Arcore corresse – corra -  davvero questo rischio. E’ vero che Nuzzi, l’autore di Vaticano S.p.A., giornalista in forza a “Libero” e a “Panorama, è prodigo di ringraziamenti per l’imbarazzante figuro che porta il nome di Maurizio Belpietro; che quando scrive di Mangano e Dell’Utri fa parecchio il sofista, e che nella mala impresa che racconta – in un arco temporale che dall’epoca del vescovo Marcinkus, qui fuori scena, a oggi non ha conosciuto significativi momenti di ripensamento - sorvola alquanto sullo speriamo caduco presidente del Consiglio, come se non fosse qui a dettare legge ma disperso in un’isola di un altro universo. Su Berlusconi, insomma, Nuzzi tace. Ed è anche vero che quando gli eredi di Dardozzi hanno dovuto decidere a chi affidare il materiale sono stati attenti a non farlo cadere nelle mani di qualche anticlericale militante (ce ne sono ancora? scriveteci!). Insomma, qualche indizio a carico dell’ipotesi di colpo basso del padrone, ci sarebbe pure. Tuttavia, i documenti qui presenti si collocano fuori da ogni possibilità di smentita e quali siano le ragioni della loro pubblicazione, essa resta. E avrebbe dovuto essere sufficiente anche alla stampa di sinistra. Manovra o meno dell’allegrone brianzolo, i documenti di Dardozzi sono stati ricostruiti da Nuzzi secondo una logica, anche narrativa, che regge alla lettura nonostante l’oggettiva mancanza di entusiasmo che procurano dati, cifre e sequenze di operazioni finanziarie. Il periodo implicato riguarda la gestione dello Ior da parte di De Bonis - un prelato abile con il denaro sporco non meno di Sindona -, una gestione più criminosa di quella di Marcinkus (uno che diceva che “la chiesa non si amministra con le ave marie”), liberandosi del quale la Chiesa romana venti anni fa cercò di darsi una sciacquata all’immagine compromessa dal brutto affaire Ambrosoli - Banco Ambrosiano - P2 – Calvi etc.
Ora, quello che è successo allo Ior, non sarebbe stato possibile all’interno di una banca di un qualsiasi altro stato europeo - almeno, non nelle forme, nelle modalità e nelle quantità che qui si possono apprezzare. Nello stato teocratico che ci ritroviamo quale non gradito ospite di là dal Tevere, la banca non risponde a nessun tipo di controllo, non aderisce a nessuna normativa internazionale che controlli i flussi di denaro e non può essere perquisita. Alla magistratura italiana - chiedere a Di Pietro e a Gherardo Colombo dove s’impantana Tangentopoli - per intervenire servono rogatorie internazionali che naturalmente i nostri governi non hanno mai sollecitato con forza, e ad esse le gerarchie vaticane si guardano bene dal rispondere se non con lacunosa riluttanza. In nome della missione terrena del Vicario di Cristo e dei suoi Pastori, lo Ior in questi anni non ha mancato invece di accogliere a braccia aperte chi in Italia cercava un luogo per investire danaro di dubbia provenienza, senza il bisogno di ricorrere a chissà quale esotico paradiso fiscale trovandone uno così comodo e sicuro dentro Roma. Monsignor de Bonis e i suoi amici sono stati capaci di imbastire spericolati ma abilissimi giochetti di prestigio che hanno permesso di smistare ingenti quantità di denaro: quello piovuto a pioggia dalla maxi tangente Enimont, quello legato alla longa manus di Andreotti – omissis, in codice -, a manovre politiche più mafiose che no, al riciclaggio per conto dei corleonesi, dell’ex sindaco di Palermo, Ciancimino, oggi grazie (?) al figlio al centro di nuove indagini intorno alle trattative mafia-stato, alle collusioni profonde con Gelli e la P2. Nel libro ci si concentra soprattutto sul conto bancario aperto negli anni '90, intestato fittiziamente alla fondazione Spellman, dietro cui si celava il senatore Giulio Andreotti. Su quel conto sono transitati decine e decine di miliardi, operazioni finanziarie disinvolte, come quelle che avrebbero dovuto favorire la nascita di un nuovo grande partito di centro dopo la morte della Dc, e ancora malversazioni decennali, lasciti oscuri, appropriazioni indebite, lavaggio di denaro tangentizio che entra con un brutto fetore criminale e riesce fuori nei conti privati di delinquenti di governo “più bianco che mai”. E ancora, depistaggi e deviazioni improvvise di soldi, comprese offerte dei fedeli, ufficialmente destinati a messe per i defunti e ad aiuti per i bambini poveri, che prendono la strada per Montecarlo. La torre che custodisce il forziere dei cardinali ha mura spesse 9 metri ed è di facile accessibilità, come ricorda Nuzzi. Per entrare nello Stato Vaticano e quindi nella banca, basta presentarsi all'ingresso di porta Sant'anna con una ricetta medica. Eccola, la manna caduta dal cielo, al centro di Roma. Peraltro, se la pubblicazione del libro di Nuzzi fosse una manovra  architettata secondo le riferite illazioni di cui sopra, considerando che il presidente Caloia è stato fatto fuori, avremmo un altro colpo di scena: il Vaticano avrebbe fatto una bella figura (non è facile) dimostrando finalmente la volontà di fare chiarezza, salvo insediare al posto di comando dello Ior un uomo dell’Opus Dei, vicino a Comunione e Liberazione ossia a un eventuale ahimé non impossibile futuro governo Formigoni. Bello scenario, no?
In ultimo, se qualcuno si fosse nel frattempo fatto venire la curiosità: la risposta è sì - nonostante i commentatori si siano guadati bene dal notarlo -,  Wojtyla venne più volte informato di ciò che succedeva. Il papa polacco era a conoscenza del gran traffico di denaro sporco che circolava e si smistava a casa sua, anche perché da quei canali provenivano pure i soldi che servivano a Solidarnosc per spazzare via il comunismo dalla faccia della terra. Wojtyla si guardò bene dal rimuovere qualcuno dal proprio incarico. Un santo padre - è mestiere suo -  ha una buona parola per tutti.  

P.S
Sul sito dell’editore chiarelettere.it è possibile consultare tutti documenti contenuti di Vaticano SpA




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