Walter Cairo
Memorie sregolate
Fru Fru Editore Pag. 199 Euro 14,50
Personaggi flessuosi, mutanti,
inafferrabili, capaci di immedesimarsi in chiunque purché feroce, carogna e
malandrino. Sono tre amici, aspiranti attori, segaioli e pronti a tutto pur di
sfondare, sedurre e restare sulla scena, i protagonisti del nuovo romanzo di
Walter Cairo, Memorie sregolate.
Cairo, è noto, cambia pelle a ogni libro. Questo gli viene rimproverato come un
limite (di personalità, di credibilità) da alcuni; gli viene riconosciuto come
un merito (un segno di coraggio, di ricerca inesausta) da altri. Qui il gioco
gli ha preso la mano, visto che mai come questa volta i suoi personaggi
sembrano acclimatati in una riconoscibilità autobiografica abbastanza palese.
La verifica empirica non farebbe fatica a recuperare dati oggettivi che
potremmo agevolmente rubricare come caratteri dell’autore (fa di tutto per
farsi notare, il lettore lo sa): andare in televisione sempre e comunque,
imprecare contro i comunisti come se ancora il mondo ne fosse pieno, pretendere
il ministero dei beni culturali (anche il mio cane, debbo dire, quando ha visto
il signor Bondi, ha avanzato la sua candidatura. Al che gli ho detto, al mio
cane, gli ho detto guarda che il signor Bondi scrive poesie. Ha nicchiato, il
mio cane. Gliene ho letta una: ah be’, ha concluso ammosciando le orecchie).
Perdonate la lunga parentesi, ma come
diceva il compaesano Bonito Oliva, bisogna mostrare il corpo del critico. Del resto, se i materiali
narrativi s’impregnano di sostanza autobiografica, non si vede perché non debba
succedere lo stesso con quelli della critica. L’ossessione formalista ha fatto
harakiri con i deliri della semiotica, le recensionistica non si distingue
dalla reclame, tanto vale immettere sulla scena il travaglio biopsichico e
domestico dell’esegeta. Ci si mette la faccia e si risponde in prima persona.
Col che, la compenetrazione con l’opera ne guadagna. Si rafforza l’empatia e si
crea un rapporto di fiducia con il lettore. Sempre che l’opera lo meriti.
Nell’occasione, Cairo si divide in tre
e si rappresenta nel pieno dei suoi sforzi professionali, prima di raggiungere
i risultati mediatici che, sospettiamo, costituiscano ragione unica che lo
hanno tenuto in vita. Soprattutto gli esordi vengono raccontati con la trovata
di spezzettarli in un corpo triplice in realtà indistinguibile nei suoi singoli
segmenti. Cairo racconta come iniziò a sgomitare nel mondo del teatro
pretendendo di fare insieme l’attore il regista lo scenografo e qualsiasi altra
cosa compresa la cassiera en travestì, e di quando i genitori provarono senza successo a farlo interdire.
Fossimo stati più attenti, avremmo dato
loro una mano – se ne sarebbe avvantaggiato l’universo mondo. Tant’è, poiché
non smise di sgomitare, Cairo fece una discreta carriera dal teatro alla tv, e –
ma questo lo diciamo noi - poiché l’editoria si fida solo delle facce note,
soprattutto se di cazzo, qualcuno nell’indotto di Segrate gli propose di
scrivere un romanzo. Si maligna che con tutta la buona volontà Cairo non fosse
riuscito a superare le dodici pagine, poi un esercito di ghost writers avrebbe
concluso l’operina Eccomi, gente,
che alla prima uscita sbandierava la fascetta TERZA EDIZIONE, TRENTAMILA COPIE
VENDUTE IN UNA SETTIMANA. Lo scandalo della truffa, come i lettori
ricorderanno, invece di scandalizzare i benpensanti – poveri rimbambiti –
aumentò effettivamente le vendite fino alla scalata in classifica (poiché Cairo
veniva da Frosinone, si fece subito il parallelo “Cairo primo in classifica
come la sua Lazio”). Ne è passato di tempo da allora, e il nome e la faccia in
questione hanno perso parecchio dello smalto originario. Nel romanzo i tre
protagonisti prendono brillantemente ognuno una strada diversa. Nella realtà –
perdonate la parola desueta - la
sua carriera dopo anni di altalena fra tv, teatro e letteratura, sembra volgere
irrimediabilmente al termine. Cairo nasconde i capelli bianchi con tinte brune e ciuffi rossi che cadono
sulla fronte, ma ha dovuto ripiegare su un editore di piccolo cabotaggio. Per
chi fosse ancora curioso, il libro è lì, con qualche errore di grammatica di
troppo, è vero, ma del resto oggi come oggi gli editori non hanno tempo da
perdere, signori miei. L’importante è che si capisca. Fru fru editore, a
dispetto del nome, guarda al sodo e scommette sulla forza dei ricordi di questo
scrittore attore acrobata dello spirito, un po’ acciaccato, falstaffiano e
rubicondo, spompato e mai domo. Il vitalismo, anche quando si è più di là che
di qua, non smette di affascinare. Cairo ha fatto della vita uno spettacolo, e
dello spettacolo una vita di merda, ma anche questa è solo una sentenza dell’interprete.
Alcofribas