A proposito del Tacchino, molto vezzeggiato perché speculare al vuoto
dei suoi fans, Livio si divertiva a vivisezionarne le sortite televisive. Lui
il televisore non l’aveva, la considerava un’opzione politica e non costava
nessuna fatica, ma appena capitava a casa di qualcuno se poteva lo accendeva e
si andava a cercare subito il peggio. Tre volte l’aveva visto, il Tacchino, e
tre volte l’aveva beccato che si
allisciava la cravatta. Sempre lo stesso gesto; faceva scorrere la mano destra
dal nodo fino alla punta, cui dava immancabilmente un colpettino erettile
sventolandola dritta sulla telecamera. Non le perdeva mai di vista, la cravatta
e la telecamera. Livio ricordò in classe di quando il Tacchino aveva sostenuto
che il coccia pelata era stato il più grande statista del secolo: il giorno
dopo, alla richiesta di spiegazioni della solita vocina querula dell’
informazione Rai il Tacchino, abbronzato ma sdegnato per il pletorico clamore,
la cravatta all’erta, aveva risposto che “non si trattava di un giudizio
storico o politico, ma semplicemente personale”, e la vocina querula non si
preoccupò - o non fu in grado di preoccuparsi - di fargli notare che statista e
secolo erano appunto vocaboli che rimandavano rispettivamente alla politica e
alla storia; che poi il giudizio fosse personale era ovvio in quanto era stato
precisamente il suo.