19 mag 2010

Intercettazioni: condanne per giornalisti e editori

Per quel che vale:  questa legge sulle intercettazioni, la censura preventiva ottenuta con la minaccia del carcere, è forse la cosa peggiore degli anni berlusconiani. La sua violenza è peggiore di quella del conflitto di interessi - anche il grande Altan può sbagliare. Qui, l'impunità trova uno strumento formidabile, ignoto al resto del mondo che diciamo civile. Il vulnus che produce per la cosiddetta democrazia non ha l'aspetto sanguinario dei fatti di Genova del 2001, ma impedendo l'ovvio diritto di essere al corrente delle cose, annulla alle radici la possibilità stessa di una vita democratica.

Dopo il rifiuto di aderire all'appello che la totalità degli editori ha promosso contro questa orribile nefandezza, Non so come gli autori Einaudi (quelli Mondadori va da sé) possano ancora e con tranquillità associare il loro nome all'impresa editoriale dell'uomo cui si deve il massacro in diretta di quel che resta (già macerie) - non c'è bisogno di fare nomi, ma ve ne sono alcuni che della loro presunta urgenza, come dire, ideologica? politica?, fanno cifra letteraria: dopo la new italian epic, mi aspetto una next strategy molto sofisticata.

Quanto a Genova, ricorderei che nelle caserme dei carabinieri c'erano Fini e Scaiola. Lo ricorderei a chi (micromega), a proposito della legge sulle intercettazioni, si domanda dove sia oggi il primo (ma dove volete che sia?!). Lo ricorderei alla grande maggioranza dei giornalisti italiani (che questa legge accetteranno senza tante storie: visti in blocco, specie in Tv, è un problema più nostro che loro)  che nei giorni dell'affaire vista-Colosseo, del secondo hanno ricordato diversi precedenti ma Genova no.



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