Suburbs estesi a perdita d’occhio che succhiano dietro il lindore dei loro giardini una bella quota dell’energia planetaria, fucili acquistati senza problemi via internet, ragazze che mangiano e deliberatamente vomitano subito dopo per non ingrassare, assenza totale del mondo adulto, libertà di essere tutto e nulla: tutto questo nello sguardo fenomenologico che Gus Van Sant dispiega in un film ispirato alla strage americana di Columbine in cui due ragazzi massacrarono tredici persone senza che il citato mondo adulto avesse mai capito perché.
Se il regista poco concede allo spettatore sul piano estetico nemmeno tanto lo fa su quello catartico della spiegazione psicologica o sociale, sebbene il montaggio fornisca sufficienti indizi per scaricare sugli USA dell'era Bush la loro tragica razione di colpe. Ma l’epochè della rappresentazione, anche se, come detto, parziale, è motivata dalla convinzione di non poter spiegare le cose che fino a un certo punto, come accade nella storia buddista dei ciechi che smembrano ognuno per proprio conto il corpo di un elefante e non capiscono di cosa si tratti: come gli adulti con i giovani americani, floridi e perduti.