Intervista allo storico che ho realizzato per http://www.paradisodegliorchi.com/cgi-bin/pagina.pl?Tipo=intervista&Chiave=123
In un paese
avvilente, che si è reso ostaggio di un uomo, dei suoi interessi - oggi lo spettacolo penoso alla camera del "legittimo impedimento" - un paese
pieno di sé e che nel contempo ne ha una stima scarsissima, che non sa pensarsi
politicamente e che si è lasciato pappare il cervello da un piazzista che
modifica a suo piacimento l’ordinamento istituzionale per farla franca e
lucrare sul nostro lavoro – la vita, né più né meno -, dalle parti di questo
popolo di entusiasti analfabeti insomma c’è qualcuno che prova non solo a
resistere ma a rovesciare l’esito della partita: altrimenti a che serve la
cultura?
Nell’ultima
risposta all’intervista che mi ha rilasciato lo storico Guido Crainz mi piacerebbe
scorgere una traccia di questo ribaltamento – nonostante il pessimismo, che
condivido. La mappa è complessa, l’esame non sempre coincidente ma l’urgenza
civile, il bisogno di capire e di mettere in circolo i contrappesi di cui parla
lo storico dovrebbero essere anche i nostri.
Dunque professore, nel suo libro Autobiografia
di una Repubblica, lei più che cercare costanti antropologiche nel carattere
degli italiani - che pure non nega - trova nel fascismo una matrice decisiva
della storia successiva fino a oggi. La guerra se lo portò via, il fascismo, ma
di lì a poco si concluse sostanzialmente anche l'esperienza del Partito
d'Azione. Pensa che la sua scomparsa dalla scena politica abbia avuto un
significato e/o delle conseguenze rilevanti?
Quando penso al Partito d’Azione
penso all’Italia laica, schiacciata dalle “due Chiese” che hanno dominato tutta
la prima parte della storia della Repubblica. Per capire quello che abbiamo
perso basta leggere quel che scriveva Bobbio nel 1955: essere laici significa sì
impegnarsi nella lotta, ma al tempo stesso metter in discussione i termini
della lotta così come sono posti, interrogarli criticamente.