16 feb 2011

Una lettura de I fuoriusciti - Ivano Mugnaini

Un grazie a Ivano - DEDALUS


I FUORIUSCITI di Michele Lupo


È un libro forte, I fuoriusciti, schietto, capace di abbinare l'impatto  con il reale alla riflessione, seppure dentro le cose, nella corsa del tempo, con lo stesso passo e lo stesso sangue. Il sottotitolo, "Storie di fughe, ritorni e trascurabili vendette", è, allo stesso tempo, consono e (volutamente) spiazzante. Perché le fughe ci sono, ma sono parziali, imperfette, i ritorni auspicati, certo, ma beffardamente ciclici e claustrofobici, percorsi di umanissimi criceti in gabbie autoprodotte e autonomamente serrate buttando via la chiave. Ma le vendette, in questo contesto, non possono essere "trascurabili", se non nell'accezione ironica, abilmente sarcastica, proposta da Michele Lupo. Le vendette non sono trascurabili, sono definitive, vitali, oppure mortali, che poi, nel contesto specifico del libro, non sono concetti e realtà troppo dissimili. Le vendette pongono fine a storie impossibili, eppure vere, verosimili, giocate sul confine incerto tra simbolo e corporeità, metafora e materia. Sei racconti di varia lunghezza, quelli de I fuorisciti, libro edito da Stilo Editrice nel 2010 ma contenente racconti che l'autore aveva già pubblicato nel corso degli anni in riviste ed in altri volumi. Un percorso lungo e coerente, giocato sempre a viso aperto, in uno scontro con la vita armi alla mano, in cui lo scrittore non possiede né un fucile né una pistola, ma non è uomo morto in partenza: non lo è se può fuggire, scappare fuori, restando però sempre all'interno, dentro l'assurdo e la follia, la fame e la sete di vino e di corpi, la foga di cercare ancora, sperando di non trovare mai una chiave unica, univoca, per poter cercare ancora, in quel tragitto disincantato ma anche intensamente e fascinosamente lacerante, mai sconfitto, in fondo, che è la vita, la scrittura. Se lo sguardo è sincero, come nel caso di questo libro, e l'ironia è possente, capace di dare il coraggio di guardare dentro le cose, vedendo anche noi stessi, per un istante, senza compiacimento, e senza rabbrividire. Trovando la giusta dimensione allo specchio troppo nitido, arrivando perfino ad un sorriso, amaro, crudele a tratti, ma autentico, genuino.



Non potendo partecipare al Concorso "La vita in prosa" con testi editi, Michele Lupo ha inviato il racconto "Le lenzuola dell'architetto", coerente con i temi e lo stile de I fuoriusciti. Il racconto è stato prescelto nella fase preliminare del Concorso, e, seppure decisamente lungo, lo propongo qui di seguito ai lettori nella versione integrale.
I.M.





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