11 ott 2010

Riccardo Iacona







L’Italia in presadiretta


Riccardo Iacona fa un lavoro raro di questi tempi. Racconta lo sfascio “in diretta” del paese, ma stranamente non sembra inquietare più di tanto i servi del padrone come succede ai pochi altri che lo fanno. Eppure, i suoi racconti sono puntuali, documentati, a volte agghiaccianti – come nello sputtanamento totale del governo nelle vicende di migranti fra la Sicilia e la Libia, oppure nella dovizia di dati e verifiche e dimostrazioni di come la tragedia aquilana sia servita alle cricche poi venduta come “grande operazione del governo”. Ma chissà perché, di solito le sue trasmissioni non scatenano tutto il fragore di contumelie e minacce della cialtronissima corte fascistoide di casa rai.
Aggiungerei che rispetto al passato Iacona ha sottratto un bel po’ di patetico alle sue trasmissioni - era a mio avviso il suo limite. Non a caso qualcuno infatti aveva definito i 
suoi "reportages emotivi": il coinvolgimento diretto dei suoi giornalisti era (ed è) palese. Il punto era (è) salvaguardare la qualità dell’informazione pur dentro un’evidente dimensione narrativa peraltro inevitabile e non snaturarla con un sentimentalismo fuori luogo (montaggio orientato a commuovere più che a far capire, utilizzo di musichette strumentali un po’ piagnone). Oggi il suo lavoro a mio avviso ha raggiunto questo obiettivo, lo sguardo è più lucido, i confronti con gli altri paesi europei, già presenti nelle trasmissioni della Gabanelli, illuminanti.
In questi testi (ed. Chiare Lettere) riveduti e meglio articolati delle sue trasmissioni televisive il dettato è ancora più asciutto. Il libro, che passa attraverso alcuni dei punti nevralgici del cataclisma in atto – l’attacco alla giustizia, le cementificazione brutale, le mafie, la privatizzazione dell’acqua, la dismissione della scuola pubblica - si apre e si chiude passando in rassegna alcune delle mosse grazie alle quali  Berlusconi ha spostato a totale suo vantaggio l’assetto informativo di questi anni. Dal caso dei migranti dalla Libia (in cui la cattiva in-form-azione costruisce l’habitus mentale adatto alla becera propaganda della Lega) alla capillare diffusione di un veleno mortale nel sistema televisivo, la menzogna si è organizzata con una struttura micidiale che ha lasciato pochissimi spazi di libertà; al riguardo, Iacona non la manda a dire e all’omertà di categoria preferisce la denuncia senza peli sulla lingua delle manchevolezze dei colleghi – quelli che Ettore Petrolini avrebbe buttato di sotto dal loggione. Quando dice che “se tutti provassero a fare il mestiere con onestà e professionalità, ci sarebbe ancora una speranza per questo Paese” Iacona può sembrare banale. Eppure, è esattamente quello di cui abbiamo bisogno. Niente di più. A nome di chi non si rassegna, ringraziamolo.www.paradisodegliorchi.com

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