Riccardo
Iacona fa un lavoro raro di questi tempi. Racconta lo sfascio “in diretta” del
paese, ma stranamente non sembra inquietare più di tanto i servi del padrone
come succede ai pochi altri che lo fanno. Eppure, i suoi racconti sono puntuali,
documentati, a volte agghiaccianti – come nello sputtanamento totale del
governo nelle vicende di migranti fra la Sicilia e la Libia, oppure nella
dovizia di dati e verifiche e dimostrazioni di come la tragedia aquilana sia
servita alle cricche poi venduta come “grande operazione del governo”. Ma chissà
perché, di solito le sue trasmissioni non scatenano tutto il fragore di
contumelie e minacce della cialtronissima corte fascistoide di casa rai.
Aggiungerei
che rispetto al passato Iacona ha sottratto un bel po’ di patetico alle sue
trasmissioni - era a mio avviso il suo limite. Non a caso qualcuno infatti
aveva definito i
suoi "reportages
emotivi": il coinvolgimento diretto dei suoi giornalisti era (ed è) palese.
Il punto era (è) salvaguardare la qualità dell’informazione pur dentro
un’evidente dimensione narrativa peraltro inevitabile e non snaturarla
con un sentimentalismo fuori luogo (montaggio orientato a commuovere più che a
far capire, utilizzo di musichette strumentali un po’ piagnone). Oggi il suo
lavoro a mio avviso ha raggiunto questo obiettivo, lo sguardo è più lucido, i
confronti con gli altri paesi europei, già presenti nelle trasmissioni della
Gabanelli, illuminanti.
In questi testi (ed. Chiare Lettere) riveduti e meglio articolati
delle sue trasmissioni televisive il dettato è ancora più asciutto. Il libro,
che passa attraverso alcuni dei punti nevralgici del cataclisma in atto –
l’attacco alla giustizia, le cementificazione brutale, le mafie, la
privatizzazione dell’acqua, la dismissione della scuola pubblica - si apre e si
chiude passando in rassegna alcune delle mosse grazie alle quali Berlusconi ha spostato a totale suo
vantaggio l’assetto informativo di questi anni. Dal caso dei migranti dalla
Libia (in cui la cattiva in-form-azione costruisce l’habitus mentale adatto alla
becera propaganda della Lega) alla capillare diffusione di un veleno mortale
nel sistema televisivo, la menzogna si è organizzata con una struttura
micidiale che ha lasciato pochissimi spazi di libertà; al riguardo, Iacona non
la manda a dire e all’omertà di categoria preferisce la denuncia senza peli
sulla lingua delle manchevolezze dei colleghi – quelli che Ettore Petrolini avrebbe
buttato di sotto dal loggione. Quando dice che “se tutti provassero a
fare il mestiere con onestà e professionalità, ci sarebbe ancora una speranza
per questo Paese” Iacona può sembrare banale. Eppure, è esattamente quello di
cui abbiamo bisogno. Niente di più. A nome di chi non si rassegna, ringraziamolo.www.paradisodegliorchi.com